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[Storia] La Rumba, il Blues e le loro comuni radici

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    max raso
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    Registrato il: 18/05/2009
    Città: TARANTO
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    Sesso: Maschile
    00 26/11/2010 17:12
    Nel 1914 il critico musicale statunitense Krehbiel scrisse: “perché poi a selvaggi privi di una tradizione musicale o artistica in generale si debba attribuire una sensibilità estetica più raffinata di quella di popoli che da secoli coltivano la musica, questo oltrepassa le mie limitate capacità di comprensione”. Era un giorno del 1619. Un carico di decine di schiavi africani, strappati da una nave spagnola nel corso di un arrembaggio, approdò sulla costa americana dell’attuale Virginia. Le origini del blues e della rumba trovano conferma, oltre che nelle loro forme di espressione artistico-coreutico-musicali intimamente collegate tra loro, negli eventi della storia. Il loro racconto narra di popoli oppressi, di vite di ordinarie passioni e di sentimenti comuni, di energie creative inaspettate. Nel XIX secolo, in un’America ancora terra di schiavi ai quali i proprietari terrieri potevano proibire tutto, anche “di riunirsi con il proposito di bere e danzare”, le tradizioni musicali afroamericane iniziarono a riecheggiare in spettacoli d'intrattenimento, i "Minstrel show”, siparietti umoristici indirizzati ai neri, colpevoli di amare follemente la loro musica. Il re del blues, B.B. King, in merito alle sue difficoltà a comunicare con le parole, scrisse: “Quand’ero bambino, balbettavo: non riuscivo ad esprimere quello che sentivo dentro.(…)Le parole non mi sono amiche: la musica, invece, si.”. Che la musica fosse ancora di salvezza per un popolo costretto a lavori forzati nelle piantagioni, lo dimostra la ricca tradizione canora che esprimevano proprio mentre lavoravano (i cosiddetti "work song") o mentre pregavano (gli "spiritual"). Accompagnati di solito dal battito delle mani, (a volte dalle danze) questi vocalizzi della speranza raccontavano emozioni, stati d’animo dell'esecutore e, naturalmente, dell’ascoltatore. Fu così che “la schiavitù creò il blues”. Ernest Anserment chiarisce meglio questo passaggio della storia della musica: “Il blues nasce quando il nero è triste, lontano da casa, dalla madre… allora pensa ad un motivo… prende il trombone o il tamburo oppure canta o balla e scandaglia le profondità della sua immaginazione”. Sia i neri deportati nell’America del Sud che quelli confinati, ad esempio, sull’isola di Cuba vissero orrende condizioni di privazioni. La libertà a Cuba fu raggiunta nel 1886. Nella patria del poeta Josè Martì, un popolo che fino allora non era degno “di appartenere nemmeno al genere umano”, mutò radicalmente il proprio stile di vita, divenne libero. La strada per l’indipendenza nella “isla major” fu percorsa dai molti afrocubani che dalle campagne si riversarono nei nuovi locali che aprirono negli agglomerati urbani. La rumba degli inizi presumeva un valore negativo: nelle prime feste collettive, organizzate nelle baraccopoli dei barrios marinales, generalmente il fenomeno più diffuso, non era il ballo, ma la prostituzione; ci volle del tempo prima che il termine “Rumbear” s’identificasse con il termine “ballare”. Cos’è la rumba lo chiarisce Ruben Blades in un suo testo: “Per essere rumbero devi aver pianto; per essere rumbero devi aver riso, devi aver sognato, aver vissuto; per essere rumbero devi sentir dentro dolci emozioni che agitino i tuoi sentimenti…” In tutto il continente americano, dunque, andava in scena l’arte della gestualità corporea (danzavano), delle vocalità malinconiche e tristi (cantavano), delle musicalità cultuali (pregavano). Un elemento fondante della cultura dei neri americani fu proprio la religiosità. In America, come nelle isole scoperte da Colombo, il Cristianesimo ebbe aspetti tragici: conversioni di massa presso i popoli caraibici, oppure adesioni spontanee pur di abbattere le barriere razziali, in America. Gli inni dei neri convertiti al cristianesimo (gli spiritual song) erano costruiti per la parte melodica sui canti europei e per la parte ritmica sui sincopati africani. Ma in un’America perlopiù protestante gli africani ebbero scarse opportunità di realizzare quel sincretismo religioso tipico delle culture cattoliche del nuovo Mondo. A Cuba, invece, la moltitudine dei santi fu facilmente sostituita dalle divinità delle varie religioni dell’Africa occidentale. La “santeria” fu parte della vita religiosa, musica rituale, tesoro di polifonia ritmica, di melodie primordiali e “…profonda spiritualità afro-cubana che non vuole e non può morire, come recita l’antica profezia yoruba, e prende nuove vesti”. (Leonardo Acosta). Al critico musicale statunitense “i selvaggi” afroamericani hanno già dato una risposta: i ritmi della rumba e del blues, pieni di sensibilità, sentimento e gusto, forieri di una varietà infinita di canti e danze, hanno bene trasmesso il concetto di quanto si può essere liberi nutrendosi delle proprie storie, tradizioni e musiche che appartengono al patrimonio di tutta l’umanità.

    Bibliografia:
    Amiri Baraka, Il popolo del blues. Sociologia degli afroamericani attraverso il jazz, Shake
    B.B. King e David Ritz, Il blues intorno a me. L’autobiografia di B.B. King, Feltrinelli
    Alan Lomax, La terra del blues. Delta del Mississippi, viaggio all'origine della musica nera.
    Enzo Conte, Salseando y baylando, Editore Gremesse;
    Besito de Coco, Corazon Edizioni minimum
    Marco Pasetto. Jazz. La via della musica afroamericana.
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    dodicix
    Post: 15.830
    Registrato il: 10/11/2004
    Sesso: Maschile
    Il Darth Fener del Forum!
    Selezionatore Musicale di Radio Caribe!
    00 29/11/2010 09:43
    Gran bel post, Max, complimenti! [SM=x491793]

    Che poi.. nella Musica, o meglio nella parte Ritmica della Musica, i "selvaggi" siamo noi bianchi occidentali... perchè gli Africani la praticano da Millenni, percuotendo cose che vanno dal legno alla pietra alle pelli di animali, quando "noi" ancora tentavamo di accendere il primo fuoco. [SM=x491816]

    Non bisogna dimenticare che il bisogno di comunicare nell'Uomo, magari previo "strumento", nasce ancor prima della Parola (vedasi Tam-Tam e Graffiti rupestri e altro ancora).

    Alla faccia di Mozart, di Bach e di tutti i "colti" Musicisti "non-coloured". [SM=x491813]